Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Nebula Septem. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Nebula Septem. Mostra tutti i post

domenica 21 gennaio 2018

Monolithe - Nebula Septem

#PER CHI AMA: Death Doom Psichedelico, primi My Dying Bride, Samael
Abbastanza peculiare, ma c'era da aspettarselo, la scelta dei francesci Monolithe di affidare al numero sette, la conduzione del loro nuovo capitolo, 'Nebula Septem': settimo album, sette canzoni della durata spaccata di sette minuti l'una, e le prime sette lettere dell'alfabeto come iniziali dei titoli dei brani contenuti. Sette d'altro canto è un numero speciale, che ha una valenza particolare tra gli altri, anche nelle religioni: sette infatti sono le virtù ma pure i peccati capitali. Sono sette le divinità mitologiche identificate dalla Cabala ebraica, mentre secondo il Corano sette sono i cieli creati da Dio, sette le terre, sette i mari, sette gli abissi dell'inferno e sette le sue porte. Vi garantisco che potrei proseguire all'infinito. E allora concentriamoci su questo lavoro dedito ad un death doom moderno che ha ormai dimenticato i (ne)fasti funeral degli esordi. Il sestetto parigino (peccato non abbiano assoldato un settimo membro almeno per questo disco) attacca con "Anechoic Aberration", song plumbea che continuerà a piacere anche ai più estremisti fan della band, quelli rimasti ancorati al funeral degli esordi. La scorza dei nostri rimane infatti bella spessa, edulcorata se cosi si può dire, da psichedeliche linee di tastiera e da chitarre più ariose che in passato, con le convincenti growling vocals del provvisorio Sébastien Pierre, minacciose e feroci quanto basta. "Burst in the Event Horizon" si mostra ancor più persuasiva dell'opening track, di sicuro suona più pomposa a livello di arrangiamenti, evocando per certi versi il fantasma dei My Dying Bride più ancestrali, e lanciandosi in un lisergico e paranoico giro di chitarra che ci accompagnerà fino alla terza "Coil Shaped Volutions"; originali devo ammettere anche i titoli dei brani che in un qualche modo ci riportano alle visioni interstellari dei primi lavori. Torniamo a focalizzarci sulla song ma soprattutto sui giri di chitarra che si prendono la scena nei primi due minuti della traccia, viaggiando poi a braccetto con le keys e le roboanti vocals del frontman. La melodia non manca, cosi come non mancano i repentini cambi di ritmo e gli assoli da incorniciare tra le migliori cose fatte in ambito doom negli ultimi anni. Certo, l'effetto che questi suoni hanno sul mio cervello, appare molto simile a quello di una paurosa sbornia e il successivo e terribile hangover che da essa ne deriva. Il sound prosegue nel suo incedere pomposo anche in "Delta Scuti" (forse la traccia più rilevante del disco insieme alla deliziosa stravaganza darkwave/electro-pop della strumentale "Gravity Flood"), complice forse un cambio a livello vocale (compaiono qui infatti delle appena percettibili clean vocals) e per una maggior enfasi attribuita alla componente chitarristica, ineccepibile peraltro lungo tutto il lavoro. A colpire qui è soprattutto una componente elettronica più marcata che esalta ulteriormente la riuscita di un brano che ha ancora da offrire un'epica progressione che ci prenderà per mano per condurci attraverso differenti umori e sensazioni, fino alla stralunata "Engineering the Rip". La proposta dei Monolithe si fa ancora più sperimentale e spumeggiante, con la compagine francese a voler emulare i Samael, prima di rientrare nei canonici binari dell'oscura espressione doomeggiante dei nostri; l'assolo finale però è da applausi. C'è ancora tempo di godere della musicalità spiazzante dei Monolithe con "Fathom the Deep", una canzone che a livello ritmico e di atmosfere, sembra essere più distante dagli altri pezzi ascoltati sino ad ora, affidando il suo incedere a spettrali tastiere e a raffinate e sensuali chitarre. Per coerenza con il simbolismo del disco, dovrei attenermi e dare un sette come voto conclusivo, ma credo che andrò oltre, interrompendo qui la concatenazione del numero magico sette e avviandomi invece verso il futuro incombente del numero otto, universalmente riconosciuto come il numero dell'equilibrio cosmico. Sono certo che ci sarà da divertirsi, non vedo l'ora. (Francesco Scarci)

(Les Acteurs de l'Ombre Productions - 2018)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/nebula-septem