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giovedì 20 settembre 2018

Akhenaten - Golden Serpent God

#PER CHI AMA: Black/Death, Melechesh, Arallu
Dopo Melechesh, Nile e Arallu, ecco arrivare dagli Stati Uniti, altri esponenti della corrente arabo-mesopotamica. Si tratta del duo formato dai fratelli Houseman, che dal 2012 a oggi, ha rilasciato sotto il moniker Akhenaten, quattro album fatti di suoni estremi ispirati al mondo mediorientale. Le classiche venature arabeggianti sono già identificabili nell'apertura di questo 'Golden Serpent God', nell'opener "Amulets of Smoke and Fire", dove le peculiarità del combo del Colorado, si palesano immediamente. Ecco quindi la loro forma arcaica di death/black, in cui trovano ampio spazio delle percussioni dal sapore mediterraneo, un dualismo vocale che si muove tra growl e scream e ottime orchestrazioni. Insomma, tutti gli ingredienti essenziali per condire un genere interessante e che vede negli Akhenaten nuova linfa vitale per arricchirne di contenuti. Poi dopo quattro album e parecchia esperienza maturata, anche attraverso il progetto Helleborus, i nostri si divertono a sciorinare un pezzo dopo l'altro, contrappuntandoli di un forte impatto musicale. Splendida a tal proposito, la seconda "Dragon of the Primordial Sea", affascinante per le liriche ispirate al culto di Akhenaton (che per chi non lo sapesse era il padre di Tutankhamon e fondatore di una religione di stampo enoteistico), ma soprattutto per quegli inserti strumentali tipici della tradizione araba che ci trascinano al tempo dei faraoni. "Throne of Shamash", la terza song, prende le distanze dalle altre canzoni e si manifesta come una mazzata di violenza inaudita, al limite del brutal. Facciamo una piccola pausa con l'esoterismo strumentale di "Through the Stargate" e arriviamo a "Erishkigal: Kingdom of Death". Erishkigal, nella tradizione mesopotamica, era la regina della Grande Terra, dea di Kur, la terra dei morti nella cultura sumera e qui le sue tematiche vengono affrontate grazie ad un sound malvagio, oscuro che arriva a scomodare anche gli Aevangelist in una furibonda traccia, dove la roca voce del frontman, convince appieno. La song è monolitica, una sassata in pieno volto senza troppi orpelli stilistici, che invece riappaiono in "Pazuzu: Harbringer of Darkness", traccia decisamente più ritmata, dal forte sapore epico e battagliero, in cui le vocals appaiono per la prima volta anche in formato pulito e le tastiere si prendono la scena nella seconda parte. Siamo a metà disco e non temete, rimangono ancora parecchi momenti interessanti di cui godere: ad esempio le tre tracce strumentali (di cui "Sweat of the Sun" è la mia preferita) che ci prendono per mano e conducono in un qualche souk arabo, dove ad esibirsi troviamo incantatori di serpenti e danzatrici del ventre. C'è però ancora modo di fare male con il death metal distorto e contorto di "God of Creation" o ancora con l'apocalittica ed esoterica "Apophis: The Serpent of Rebirth" che sancisce la bravura, la preparazione tecnica e l'originalità di questo ensemble statunitense, devoto al culto del solo dio Aton. Eretici! (Francesco Scarci)

(Cimmerian Shade Rec/Satanath Rec/Murdher Rec - 2018)
Voto: 80

https://satanath.bandcamp.com/album/sat201-akhenaten-golden-serpent-god-2018

martedì 18 settembre 2018

Grimorium Verum - Revenant

#PER CHI AMA: Symph Black, Dimmu Borgir, Cradle of Filth
Era da un po' di tempo che davo il black sinfonico per morto, soprattutto dopo le ultime performance orchestrali dei Dimmu Borgir. Invece, dalla città di Syktyvkar, a nord est di Mosca, ecco arrivare i Grimorium Verum, portatori della fiamma nera nella sua veste symph. 'Revenant' è il quarto album della band russa, che esiste addirittura dal 1996, sebbene si sia presa una pausa di riflessione tra il 2001 e il 2006. Quel che conta alla fine è che siano tornati sulla scena a distanza di tre anni da 'Relict' e l'abbiano fatto con una certa convinzione. Forse l'opener, "The Born Son of the Devil", non risulterà tra le tracce più convincenti dell'album, ma lascia presagire la vena fortemente sinfonica del lavoro, complice una spiccata propensione alle orchestrazioni che si odono a metà brano. Quello che semmai colpisce è la parte solistica del duo russo, davvero graffiante e di scuola death/thrash. Ma dicevo che forse l'opener non è il momento migliore dell'album, visto che con "The Kingdom of the Pain" i nostri si lanciano con il loro black thrash ruggente, tra ritmiche tiratissime, harsh vocals ed improvvise parti atmosferiche affidate al tastierista di supporto alla band, che si avvale peraltro anche di altri quattro musicisti addizionali. La proposta dei Grimorium Verum è davvero intrigante, miscelando reminiscenze dei Dimmu Borgir (periodo 'Puritanical Euphoric Misanthropia'), con gli Old Man's Child, un pizzico di Cradle of Filth (soprattutto nell'utilizzo delle voci femminili e nel cantato più evocativo/recitato del frontman) e un thrash metal davvero raffinato. La qualità del disco va aumentando con la magniloquente "The March of the Northern Kings" e quei suoi chitarroni che s'intersecano col bombastico suono delle tastiere e il meraviglioso attacco solistico, cosi come accade nella seguente "Blind Faith in Nothing" che ha un piglio analogo ma vede la comparsata anche del pianoforte nel suo velenoso incedere. Il disco prosegue, forse troppo lungamente (e qui risiede uno dei pochi difetti di 'Revenant'), su queste note, sfoderando pezzi più o meno interessanti, di cui vorrei sottolineare l'intensa "The Light of Dark Father", solenne nella sua parte ambient centrale, davvero fenomenale, laddove il vocalist si lancia anche in un cantato corale super pulito. Ultima menzione per "The Great Serpentine Saint", assai vicina al chitarrismo di 'The Cruelty and the Beast", ma anche qui ecco comparire delle vocals pulite che spezzano la veemenza ritmica dei russi e prendono nettamente le distanze dal genre (si un po' come fatto dagli ultimi Dimmu Borgir per intenderci). Insomma, alla fine un lavoro questo 'Revenant', che mi sono gustato con sommo piacere dall'inizio alla fine, un album che mi spinge sicuramente a saperne di più sul passato dei Grimorium Verum. Ben fatto! (Francesco Scarci)

(Symbol of Domination/Cimmerian Shade Rec/The True Plague/Black Metal Rec - 2018)
Voto: 75

https://symbolofdomination.bandcamp.com/album/sodp109-grimorium-verum-revenant-2018

mercoledì 23 dicembre 2015

Nepente - I Will Get Your Soul

#FOR FANS OF: Death/Black, Hate, Necrowretch
This new EP from the Colombian Death/Black Metal veterans offers up much of the same as what was on display throughout the rest of their offerings. The basis is on impossibly blistering riff-work augmented by truly ferocious drumming in their up-tempo moments that continue for the most part unheeded by their full-throttle paces which is an utterly devastating series of tactics that makes this here truly enjoyable. This is all nicely balanced with a mid-tempo groove-styled charge that drops the chaotic frenzy of the frantic drumming that brings in a nice amount of restraint and balance to the material as it’s not set on full-scale demolition the entire time out and that variety is nicely appreciated. A lot of this is mainly due to the rather frantic ability of the drumming to be almost triggered with a machine, lending even more of a frenzied and off-the-walls quality of the material in addition to the blistering tempos and more melodic work present throughout the rest of the album which gives it that absolutely dirty and primal sound that’s so common and enjoyable about extreme South American bands. On the whole there’s little about this that’s not to like, it just mainly comes from the fact that being only four tracks long it’s over so quick and is so enjoyable as it runs through its paces that it serves as a teaser more than a collection of extra tracks and really seems destined to fall short as if a full-length effort would be more appreciated despite the consistent and cohesive quality displayed here. For the most part this is a wholly enjoyable and explosive piece of work. The title track opens with a light acoustic guitar before blasting into frenzied, chaotic drum-blasts and wholly ferocious riffing firing through blistering tempos as the impossibly brutal machine-gun blasts and the accompanied tremolo-picked rhythms continue jockeying throughout the ravenous pace with the lighter tremolo riffs into the final half for a truly enjoyable first impression here. ‘Show Me That You Are Suffering’ offers a lighter tremolo-styled rhythm swirling through blistering drumming into an intense mid-tempo charge balanced with the frenzied riffing and frantic drumming that comes off with ferocious intent with the pounding rhythms firing along through the finale for another stand-out highlight. Being a little more melodic, ‘Gray Lands’ starts with a ravenous mid-tempo charge with restrained riffing and drum-work that works a devastating mid-tempo groove augmented with plenty of blistering drumming and a fine series of tremolo riffs that offer a melodic touch to the mid-tempo work with a frantic final half that makes this another fully enjoyable and standout track. Finale ‘Last Rites’ offers blistering drum-work and dynamic tremolo riffing with dynamic rhythms bouncing from the frenzied up-tempo blasts through the more melodic tremolo patterns through the sprawling, droning paces with a dynamic mid-tempo crunch giving way to the extended fade-out final half for an exciting conclusion to this. It’s really only the fact that, being so short it desperately leaves the listener wanting even more that lowers this somewhat. (Don Anelli)

(Cimmerian Shade Recordings - 2015)
Score: 85