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giovedì 1 marzo 2018

Blackfield - Blackfield V

#PER CHI AMA: Progressive Rock
Distensivi (il singolo "Family Man" et molto al.) o corrucciati ("How Was Your Ride?" et poco al.) poppettini idroponici monocultivar seminati da Tel Aviv Geffen, arati a nido di porcospino da Steven King Wilson e incellofanati da Alan Prostatite Parsons, che vanno a costituire l'impronta di dinosauro di quest'album e, più in generale, dell'intera seconda reincarnazione Blackfield (da 'Welcome to My DNA' a questo 'Blackfield V' compresi: la ampiamente annunciata e pubblicizzata rinascita della partnership non è altro che una mozzarella di bufala). Torpidi lentoni 100% Blackfield-iani ("Sorrys", "October" et tantissimi al.), e qualche timidissima concessione progressive, cfr. l'ammorbidente in 7/8 erogato in "We'll Never Be Apart", oppure l'architettura traballante tardo(ne)-Yes di "Life is an Ocean", unica composizione firmata da entrambi gli spaventapasseri del Campo Nero. Ovunque, un registro narrativo (eccessivamente) patinato e trattenuto, nei testi (ascoltate il modo tristerello in cui A-G canticchia "my happiness" in "October") e nei contenuti sonori (cfr. "Lately", la canzone più tardo(ne)-Parsoniana dell'intero album) e, ahimè una diffusa, fragorosa mancanza di ispirazione. (Alberto Calorosi)