Fosch Fest – Day 1 (Bagnatica, BG) – 28/07/2012
Non è per me la prima volta al Fosch Fest. Questo festival
che abitualmente si svolge nell'ultimo fine settimana di luglio a Bagnatica (in
provincia di Berghem, come suggerisce il colto cartello stradale) è
ufficialmente arrivato alla sua quarta edizione. Questo evento, pensato dai
Folk Stone e organizzato dallo Staff Stoff, è nato come “il primo festival
metal medieval-folk italiano” ed è stato costituito per dare spazio alle varie
realtà locali ed internazionali folk, epic, pagan, medieval, viking sia con un
grande seguito che più modeste, e nei pochi anni della sua nascita è divenuto
la mecca per i metallari amanti di queste sonorità. Nelle edizioni passate è
riuscito a portare ad ingresso libero gruppi come Eluveitie, Heidenvolk,
Korpiklaani e per la prima volta in Italia i Manegarm, attirando diverse
migliaia di partecipanti. Quest'anno però, data la mole dell'organizzazione,
sono stati costretti a mettere un infimo prezzo d'ingresso per sostenere le spese
del festival. Degno di nota è che i partecipanti potevano fruire gratuitamente
di parcheggio, un'immensa area campeggio e degli spogliatoi provvisti di bagni
e docce del vicino palazzetto dello sport.
Arrivo nella piccola città lombarda prima delle 16, e noto
che è già stata assediata dagli amanti delle gonnelle colorate e delle lacere
vesti. Appena finisco di imbastire il campo base, sento le prime note e mi
precipito nell'area del festival dove sono già presenti sia sotto palco che nei
diversi stand, orde di pubblico pronto a godersi il festival, mi piazzo in zona
mixer per la miglior acustica ed ora comincia ufficialmente anche per il Fosch
Fest.
Adesso fermiamoci un attimo però... va bene che sono
eccessivamente critico, va bene che ho dei gusti musicali molto elaborati, va
bene che bisogna aiutare i giovani... ma gli Henderwyd si potevano evitare. I
fin troppo giovani ragazzi piemontesi sembrano non aver la minima dimestichezza
col palco, una sorvolabile preparazione tecnica (soprattutto vocale) e i brani
che ci propongono affossano ulteriormente la loro esibizione. Il sound
presentato è un folk metal misto a death melodico ed altre lievi influenze che
fanno subito capire due cose: che questa band non ha ancora le idee chiare su cosa
suonare e che il songwriting è ancora ad un livello embrionale, nonostante
qualche buona idea isolata dal resto delle composizioni.
Poco dopo cominciano i Draugr, bardati di cuoio e pitturati
rosso sangue: la band abruzzese dai toni pagan metal irrompe on stage e la
folla di presenti si rinfoltisce davanti al palco pronta a dar sfogo ai suoi
più infimi istinti violenti. Reduci da un discreto successo dal loro ultimo
full lenght “De Ferro Italico” che gli ha procurato diverse date in Europa, per
loro non è la prima esperienza al Fosch Fest ed il pubblico li supporta
caldamente. Il combo di Chieti dà prova di una piacevole esibizione incitando i
presenti che si scatenano sotto al palco. L'unica pecca, oltre che i suoni
leggermente impastati, è la voce in scream (a mio parere leggermente
fastidiosa) che manca di costanza in alcune parti dello show a causa della
velocità frenetica con cui il gruppo propone le tracce, impendo così una
ripresa del frontman. Non ho apprezzato pienamente la loro musica a causa di
una componente troppo caotica, d'altro canto definiscono il loro genere
“hordish metal” quindi non posso lamentarmi molto dato che questi ragazzi hanno
dimostrato di essere proprio “hordish”.
Intanto vado all'immancabile banchetto della Punishment 18
Records a scandagliare i fantastici box da 5 euro a disco, dove prendo
immediatamente il primo disco dei Midryasi che spero di recensire quando avrò
terminato la torre di dischi di fianco al mio pc.
Dal rosso dei Draugr passiamo al blu dei Furor Gallico che, per la seconda volta sul palco del Fosch, sono tra le band locali
più attese. La band milanese presenta alcune nuove composizioni che saranno
inserite nel prossimo disco in studio, ed anche se la loro setlist è composta
solo per metà dalle tracce dell'omonimo debut album (che ho recensito su
un'altra malfamata zine) i fans li supportano ferocemente anche nei brani
inediti. Anche se in tanti sul palco, il gruppo si muove bene e coinvolge
apertamente il pubblico, tanto che ad un certo punto spunta fuori un loro
compare tutto pittato di verde (il folletto Squass) che domina incontrastato la
scena per un breve periodo. I suoni degli strumenti folkloristici sono ottimi,
peccato solo per la voce di Pagan, che verso la fine è un po' stanca a causa
dell'eccessivo movimento, ma nonostante ciò l'encore con “Venti Di Imboloc”
chiude più che degnamente la propria esibizione e confermandosi come una delle
poche valide band folk metal italiane.
Li avevo visti arrivare e li avevo pure salutati ma una
risposta per me è troppo. Sto parlando degli Arkona, le rockstars dalla Russia,
rigidi come l'inverno boreale e freddi come il peggior blackster norvegese
ancora troppo sobrio per raccontarti le sue avventure a letto. Comincia ad
arrivare la sera intanto, le lucine on stage creano una bellissima atmosfera e
gli Arkona scendono trionfalmente in campo. Ricordo di aver ascoltato qualche
loro pezzo diversi anni fa, ma non mi avevano preso per niente, ed ora ho
l'occasione di vedermeli live per capire veramente se son validi o no questi
compagni russi. Davanti al palco l'affluenza del pubblico è immensa e subito
Masha cattura tutti gli spettatori impegnandoli costantemente durante tutta la
durata del live, correndo in giro per il palco, incitandoli, facendoli cantare in coro e quant'altro. Insomma, una presenza scenica ai massimi livelli, che però
mette in ombra gli altri componenti della band. Un grande spettacolo per una
band estremamente noiosa. L'audio non aiuta di certo, con le tristissime basi
huumpa campionate di fisarmonica e con i volumi dei microfoni al limite
dell'udibile rendendo i fiati eccessivamente alti e riuscendo ad apprezzare
tutte le stecche della cantante. L'unico felice ricordo della loro esibizione
sono le varie genti che ballava nonsense per la piazza sulle sopracitate basi
huumpa, come se fosse una folk-discoteca, ed altri invece che ogni tanto
corrono verso il palco come quando si è eccessivamente ubriachi.
Moonsorrow. Moonsorrow. Moonsorrow. Finalmente potrò vederli
per la prima volta. Mi preparo psicologicamente e mi avvicino sempre di più al
palco perchè questo concerto voglio seguirlo in mezzo alla gente. I finlandesi
salgono sul palco e danno il via allo show. Mi lascio subito trasportare
dall'immensità dei suoni e dalle spinte degli spettatori che mi fiondano vicino
alle transenne. L'equalizzazione taglia un po' di frequenze “utili”, ma il
volume compensa il resto ed il pubblico entusiasta colma i cori dei brani. I
Moonsorrow deliziano la platea proponendo una traccia del loro quarto demo,
“Taistelu Pohjolasta”, completa con tutti e tre i suoi movimenti dove si
scorgono le profonde radici black più grezze. E dopo ciò, per la gioia di tutti
i presenti “Kivenkatanja” fa cantare a tutto il Fosch Fest il chorus della nota
canzone. Il mio momento speciale l'ho avuto con “Jotunheim” traccia dell'album
che a mio parere rappresenta l'apice della carriera musicale del gruppo
finlandese.
La band è leggermente staccata dal pubblico e, come se fosse
un'opera teatrale, gli attori si muovono bene ma non coinvolgono gli
spettatori. L'unico contatto, oltre che le enormi onde sonore, sono le parole
di Ville che dall'inizio dell'esibizione cresce
esponenzialmente culminando in un discorso sul fatto che moriremo tutti. Avete
presente quegli anziani signori al bar verso sera che rimpiangono i tempi
passati dicendo che saltavano i fossi per lungo, e rimembrano ogni minuto
quanto sia vicina la fine? Ecco, uguale. Tanto che si lascia andare anche a
qualche spassionato abbraccio con Mitja colpendolo con il suo Warwick. Colmo
d'ebrezza, nell'ultima parte dell'esibizione il basso è completamente assente
ed il frontman si diverte a suonare e poi ad alzare il volume durante la
vibrazione delle corde finchè ad un certo punto posa il basso e si mette a
barcollare.
Finito lo spettacolo vado a salutarli e a fare qualche
inquisizione nel backstage, però mentre mi sto avvicinando a Ville lui mi cade
davanti nella completa noncuranza dei presenti. Qualche secondo dopo, vedendo
che non si muoveva, vengono a prenderlo ed a stenderlo su una panca,
lasciandolo lì catatonico. Alla fine mi arrendo e vado a parlare con Janne
a proposito del loro futuro.
Per questa prima giornata si sono calcolati intorno ai 3000
paganti, cifra secondo me ottima in quanto oramai il panorama dei concerti si è
alquanto degradato negli ultimi anni, basti vedere il risultato del Sun Valley
Metalfest. Ok che questo è un discorso a parte perchè questo è un festival
incentrato solo su certe sonorità, ma dà sempre un po' di speranza vedere un
così alto numero di persone che supporta certi eventi.
Da un po' è finita la musica, non so che ore sono ma è
prestissimo per i miei orari, mangio per la prima volta qualcosa e mi avvio in
tenda per gonfiare il materassino e cominciare a cercare di dormire. Non sono
stanco o debole, semplicemente non sto fuori a far festa perchè non ho
motivo nèvoglia. Eh sì, lo so, sono un vecchio depresso. E pensare che l'anno
scorso non riuscivo neanche a camminare a causa del devasto con i Manegarm
(ricordo una buona mezzoretta per arrivare dall'area concerti alla tenda),
mentre ora sono anche troppo attivo per riposarmi. Cerco di dormire anche se la
gente si diverte e fa casino, si diverte e festeggia, domani è un altro giorno
e so già che la prima parte della giornata non sarà affatto piacevole.(Kent)